Social

Sponsored Links

Banner
Notice
20/07/2010 - Washington D.C. - Jiffy Lube Live PDF Stampa E-mail
Martedì 10 Agosto 2010 07:27 MaZZo   

20/07/2010 - Washington D.C. - Jiffy Lube Live

dc01
dc02
dc03
dc04 dc05
dc06
dc07


( 20 Voti )

Negli states sono molto diffuse delle venue che chiamano 'pavillion'. Sono una specie di teatri coperti sul soffitto ma aperti ai lati. Qualcosa che in Italia chiameremmo arene ma che non hanno il problema che potrebbe causare una piovuta come quella che è scesa la sera del 20 luglio e che pare abbia funestato diversi Sonisphere in Europa. Insomma, una sorta di Open Air più funzionale, con gli annessi ristoranti fissi, con menu che in America sono ovviamente limitati ad hamburger, hot dog e pizza, e vaste zone relax dove potersi sedere all’ombra. Unico problema di detto tipo di location, è il cosiddetto prato che è sì il più economico, ma si trova troppo in alto rispetto al palco e spesso anche rispetto al tetto e a volte la visuale è totalmente ostruita e si e costretti a vedere lo spettacolo solo dai megaschermi. In ogni caso, sotto tutti gli aspetti, molto meglio del Madison Square Garden di NYC. Il quale a mio parere deluderebbe le aspettative di un europeo che ha già provato Londra. Nonostante il nome altisonante, infatti, il posto è lontanissimo dalle emozioni che può dare l’Earls Court. La venue di New York il giorno dei Maiden era completamente spoglia, non un immagine sugli schermi giganti ne un manifesto fuori che avesse pubblicizzato l’evento che, a dispetto dei vicini, altisonanti e pur belli eventi di Broadway, ha registrato un altro storico sold out.
Washington era l’ultima data del tour nordamericano e, considerata la freddezza della gente che abita in questa zona, non mi aspettavo il pienone che c'è stato.
I Maiden cominciano ad esserci già dalla performance dei Dream Theater i quali, durante una jam session fatta di piccole cover della Vergine, hanno chiamato sul palco il maestro Adrian il quale si e presentato in borghese tra le grida del pubblico. Unico momento di vero calore durante l'esibizione della band americana che dal vivo convince poco anche i suoi stessi connazionali. Cambio palco abbastanza veloce ed è subito Doctor Doctor...
L'Intro: la versione rimaneggiata di 'Mars, Bringer of War', pezzo highlight dell’opera The Planets di Gustav Holst è ancora più potente rispetto a quella usata per il tour AMOLAD più impressionante e l'effetto del primo telone tridimensionale nella storia dei Maiden e l'attacco della riarrangiata The Wicker Man catapulta tutti nella nuova frontiera.
La scaletta, a dispetto delle maldicenze, scorre via meglio di qualunque altra scaletta io abbia mai sentito. Unica nota di disappunto va forse all'inserimento di The Reincarnation Of Benjamin Breeg in una posizione in cui senza dubbio stava meglio qualcosa di più veloce e breve, tipo una Rainmaker. E forse la stessa considerazione andrebbe fatta per Wrathchild che stava a questo tour come Fear Of The Dark stava al tour di Somewhere Back In Time.
A DC ero praticamente sotto al palco, tanto vicino da vedere le espressioni dei volti e tanto comodo da non patire assolutamente l'onda tipica dei paesi latini. È vero, rimanere fermo su pezzi come The Number Of The Beast è stato faticoso ma di sicuro è stato un prezzo equo se rapportato a quanto detto sopra.
I Maiden mettono energia per tutto lo show: Steve è un vero e proprio bagno di sudore, Janick offre la sua chitarra al pubblico che la fa cadere sull'asfalto, Dave tanto preciso da essere quasi noioso, Adrian mai tanto nella parte e Nicko... forget about it!
Bruce era in formissima. Ha il tempo di giocare col pubblico, scherzare sulla tanto cara Casa Bianca. Rendere un omaggio a Dio prima di Blood Brothers in un modo più conciso rispetto a NY dove lo aveva anche simpaticamente schernito per l'invenzione delle corna, ma soprattutto la sirena riesce a prendersi in giro da solo quando, durante Running Free, accenna al coretto "IO IOIOIO" dicendo poi: "tranquilli, non ho voglia di rompervi le scatole con questa cavolata…"
La chiusura, con il riposizionamento del telone di apertura e la lunghissima attesa prima di Always Look… ha fatto sperare tutti in un piccolo regalo per festeggiare la fine del tour americano, ma alla fine è andata bene cosi, in tutto, anche nella scenografia del palco, bellissima, anche se mancante dell'Eddie dietro le pelli.

Matteo Narcisi