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Steve Harris ritorna a Trezzo con i suoi British Lion a tre anni di distanza dal primo concerto italiano. C’è attesa! Certo che c’è attesa. Viene Steve Harris. Il fondatore degli Iron Maiden, l’artefice di decine e decine di canzoni memorabili che costituiscono i mattoni di quella che chiamiamo storia dell’Heavy Metal. Qualcuno dirà… “Sì, ma non viene con la band con cui ha costruito quel pezzo di storia del Metal”. Va’ bene! Ma se Messi venisse a giocare con la Sambenedettese smetterebbe di essere Messi? No. E il pubblico italiano lo ha capito. Ha capito anche che lo Steve Harris di cui ha sognato ripetutamente di incontrare è ancora lì, vivo e genuino come nel decennio targato ’80 e in quello targato ’90. Incontrarlo ai margini di un concerto degli Iron Maiden è diventato sempre più difficile. Ritmi diversi, dimensioni diverse, misure diverse. Tutto decisamente più abbordabile nella dimensione British Lion. Una band che va in tour come gli Iron Maiden facevano nei primissimi anni Ottanta. Nessun fronzolo, e dita incrociate perché nella speranza che quello che dorme a fianco a te non russi. Già nella tarda mattinata Steve fa capolino al Live Club. I fan più determinati strappano le prime foto. I sorrisi non mancano. Poi scende la notte e sul palco salgono i Voodoo Six. Una band che ha dei numeri e che è legata a doppio filo con Steve ed i suoi Maiden. Autori di un hard rock spontaneo ma non banale, hanno saputo ritagliarsi un ruolo nella difficile scena inglese. Il capitano della truppa è Mr Tony Newton. Uomo simpatico, ottimo bassista, buon calciatore e sound engineer degli ultimi tour degli Iron Maiden e di questo tour dei British Lion. Delle caratteristiche interessanti per un signore che ha fondato i Voodoo Six nel 2003 insieme a Richie Faulkner, che ora si è accasato nei Judas Priest. La band ha suonato come supporto agli Iron Maiden nel Maiden England World Tour e fece una ottima impressione anche allora. L’ultimo album lo hanno registrato nello studio di Steve Harris, il Barnyard Studio, che ai fan della vergine siamo certi che suonerà famigliare. Il bravo Joe Lazarus non è più dietro le pelli, ma la band sfoggia una bella prova anche in quel di Trezzo. Le canzoni dell’ultimo ‘Songs To Invade Countries To’ convincono anche interpretate dalla nuova formazione e danno il giusto lustro al nuovo cantante Nik Taylor-Stoakes e ai due validi chitarristi della band. Lo show vola via, la musica è buona, il pubblico risponde. Il tempo di tuffare il volto in un asciugamano e Tony Newton è già al mixer per gestire al meglio l’acustica dei British Lion.
Lo show dei British Lion parte mostrandoci uno Steve Harris che non perde un colpo. L’approccio non cambia. Le folle oceaniche di Rock In Rio o le poche centinaia di irriducibili accorsi qui a Trezzo meritano lo stesso trattamento. Il Live Club in verità è più pieno di quanto lo fosse tre anni fa. La band sul palco è la medesima, Steve sugli scudi, Graham Leslie e Dave Hawkins alle chitarre, Simon Dawson alla batteria. Alla voce Richard Taylor, generoso e capace, ma difficile da digerire per i fan meno flessibili, anche perché sono abituati a vedere un altro tipo di singer vicino a Steve. La band è generosa e le song, anche quelle che convincevano di meno sul disco, proposte dal vivo guadagnano un po’ di efficacia. Lo show scorre tra i brani che sono comparsi sul primo lavoro e quelli che compariranno sul secondo album (al momento in fase avanzata di preparazione). Da ‘This Is My God’ a ‘The Burning’, da ‘Spitfire’ a ‘The Chosen Ones’, da ‘Bible Black’ a ‘A World Without Heaven’. I pezzi più belli a nostro parere rimangono ‘Us Against the World’ and ‘Eyes of the Young’. Richard annuncia che tutti gli show di questo tour verranno filmati perché la band sta pensando di realizzare un live album. La notizia non è del tutto nuova, perché già un paio di anni fa si parlava di una seconda release targata British Lion che contenesse il nuovo album e un bonus album dal vivo. Chi vivrà vedrà. Gli animi degli accorsi si riscaldano e lo show si conclude con un certo calore che aleggia nella venue. La band è visibilmente soddisfatta e il pubblico anche. A questo punto, un paio di righe si potrebbero spendere per dire che il deflusso del pubblico è stato rapido e regolare, che aspettiamo nuovamente sul medesimo canale questa miscela di navigati e baldanzosi musicisti... Già ma… Due righe non bastano per spiegare cosa è successo dopo. I Voodoo Six, passato l’intero concerto tra il pubblico, si spostano per incontrare i fan in fondo al locale. Autografano un po’ di tutto, tra cui una versione su CDr del loro ultimo album disponibile presso il loro stand. Poco meno di metà del pubblico non defluisce e attende di vagliare le chance di incontrare il proprio mito. Stephen! Pearcy! Harris! Le voci che Harry si presenterà in fondo al locale sono chiare e forti. Nessuno le ha smentite, nessuno intende smentirle. In verità, è stato forse un po’ sottovalutato l’affetto dei fan italiani. Ci sono quasi duencento persone in file per una foto o un autografo con Steve. E lui arriva. Sorridente. Sereno. Si piazza di fronte alla zona del merchandising e incontra tutti coloro che desiderano fare una foto con lui. Una parola, un sorriso, una stretta di mano. Non vanno ad esaurimento. Tutti coloro che hanno sognato di fare una foto accanto a lui hanno l’opportunità di farla. Una lezione. Qualcuno dirà: “Una lezione per tante rockstar da strapazzo...”. Vero. Una lezione, a dire il vero, un po’ per tutti. Non solo le rockstar avrebbero bisogno talvolta di un bagno di umiltà. Grazie Steve. Alla prossima.
La Redazione di Eddie’s
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